Prepararsi al dolore. Quando frequentavo il quarto anno di medicina, l’anno nel quale si inizia con le cliniche e si frequenta il reparto, in pratica si inizia davvero a fare il medico al letto del paziente, ebbi un ripensamento anzi una crisi molto profonda.
Mi sembrava di aver fatto la scelta sbagliata: il contatto con il dolore degli altri era talmente opprimente che credevo di non riuscire a sopportarlo. Non si parlava affatto di medicina narrativa o del rapporto medico paziente e neppure della sensibilità dei medici, che spesso era negata e archiviata come debolezza.
Da allora è passato molto tempo e ho trovato il mio modo di essere “medico”, ci sono voluti anni e ben due specializzazioni ma penso che sia stata una fortuna che io mi sia imposta di continuare la facoltà che avevo scelto.
Così oggi, dopo una serie lunghissima di visite, mi sembra che la giornata sia volata e neanche mi sembra di avere lavorato, una fortuna che non è da tutti e la cui chiave è amare parlare con gli altri, amare conoscere le persone e amare la letteratura che ogni paziente incarna.
Pensandoci bene, il solo consiglio che possa dare a un giovane medico è amare la letteratura, l’unica arma che conosca per prepararsi a affrontare il dolore della vita.