La donna dimezzata

La donna dimezzata

La donna dimezzata. La donna bambina mi è stata inviata da un collega internista che la stava seguendo per una polmonite, patologia per la quale era stata brevemente ricoverata in un piccolo ospedale del sud. La donna bambina aveva allora circa venti anni e alla ricostruzione della storia risultava non avere ancora avuto il primo ciclo mestruale, situazione che ovviamente richiedeva un approfondimento.

Quando l’ho incontrata la prima volta ho visto una persona dall’aspetto molto dimesso, di piccola statura – immaginate una bambina di una decina d’anni – il torace piatto senza seno, le mani piccole e squadrate, i capelli radi, la pelle chiara e sottile solcata da lievi rughe.

Dopo tanti anni di professione ho sviluppato un certo occhio clinico che mi consente di farmi un’idea della salute di una persona già dai primi minuti del nostro incontro: il modo di camminare tra la porta e la scrivania, che in alcune patologie neurologiche è tipicamente alterato, il modo di riferire il proprio numero di telefono e data di nascita, che dice molto della situazione cognitiva, il colorito e l’espressione del volto e così via. In questo caso ricordo di avere provato in senso di smarrimento, avevo davanti una persona dall’età indefinibile, apparentemente una bambina, una persona per la quale fosse trascorso ma con un doppio registro: da un lato fosse andato avanti tanto che stavo parlando con una donna adulta e dall’altro si fosse fermato, confinandola in una eterna infanzia, o meglio come se avessi davanti a me una persona fuori dal tempo. Potrei definirla una novella Alice, senza però la componente di femminilità della protagonista del racconto di Lewis Carroll.

Ultima figlia di una numerosa famiglia, era stata considerata la “piccola” di casa, il cui ritardo nell’accrescimento sia in altezza che sessuale non aveva preoccupato nessuno fino al controllo attuale. Aveva lasciato gli studi dopo la scuola dell’obbligo ma aveva continuato a leggere con grande passione, la nostra prima visita è trascorsa tra la visita medica e il racconto delle letture fatte, sempre con l’impressione da parte mia di una persona intelligente e curiosa ma con una scarsa partecipazione emotiva, come se mancasse il colore agli eventi della vita. “Ho visto le mie amiche crescere, alcune si sono sposate e addirittura hanno figli, io sono rimasta piccola e un po’ ne soffro, ho aspettato da anni le mestruazioni ma non mi sono mai arrivate” mi ha detto con una lieve tristezza e un rassegnato distacco.

Le ho prescritto una ecografia pelvica e tutte le analisi ormonali: il risultato ha evidenziato ovaie minuscole e atrofiche unitamente utero ipoplasico, analisi ormonali con gonadotropine altissime e ormoni sessuali inesistenti. In pratica una strana situazione ormonale che mostrava apparentemente una menopausa ma in una persona che non aveva mai avuto una esposizione agli estrogeni, quindi in un certo senso una bambina invecchiata.

La situazione era inspiegabile se non con una importante alterazione cromosomica che una successiva indagine genetica ha confermato.

Alice era nata con un solo cromosoma X e non con un corredo cromosomico sessuale doppio, la doppia X che caratterizza le donne.

Alice era una donna dimezzata, come direbbe Calvino, all’aspetto fenotipico una donna il cui sviluppo completo si era però fermato a causa della totale mancanza di estrogeni e progesterone.

Il motivo per il quale amo tanto l’endocrinologia, alla quale sono approdata in modo casuale e ignara delle possibili implicazioni nella mia vita privata, è che negli anni mi ha spinto a pormi quesiti che esulano dalla medicina tout court e attengono invece a questioni quasi filosofiche. In questo caso la domanda era: cosa significa essere donna? Cosa caratterizza il sentirsi donna e quanta parte l’azione degli ormoni sessuali ha nello sviluppo non solo del corpo ma anche della mente di una donna? Ma soprattutto: cosa posso fare io per questa donna che la natura ha dotato di un patrimonio genetico dimezzato?

Ho parlato a lungo con Alice di tutto questo, cercando di spiegarle la situazione medica e ormonale, le possibili implicazioni nella sua vita, di quanto a mio avviso fosse necessaria una terapia ormonale sostitutiva non solo per la prevenzione di tante patologie legate alla carenza di estrogeni, prima tra tutte l’osteoporosi che era già presente, ma per compensare una carenza che si rifletteva anche sul suo essere una donna a tutto tondo, dal punto di vista psicologico oltre che fisico.

Alice ha iniziato la terapia con estrogeni e progesterone, esposizione ormonale che era in ritardo di molti anni e trovava una persona in qualche modo già adulta. Quello che è accaduto nei mesi successivi è difficile da descrivere perché è fatto di mie sensazioni personali e come tali ve le propongo: l’aspetto fisico di Alice è cambiato, sono comparsi caratteri sessuali secondari, il corpo è divenuto più femminile ma la trasformazione più grande è stata quella psicologica. Alice ha attraversato una sorta di adolescenza dopo la quale è approdata alla consapevolezza di essere donna, dalla nascita del desiderio sessuale a un primo fidanzamento, percorso nel quale io ho cercato di aiutarla come potevo con le mie competenze endocrinologiche e di psicoterapeuta.

In realtà credo che Alice abbia cercato e trovato un suo personale modo di essere donna, una donna che si è inventata e alla quale gli estrogeni hanno fornito il supporto materiale ma il cui contenuto è stato esclusivo della sua personalità, della sua sensibilità e intelligenza. In pratica il cervello di Alice ha recepito la terapia ormonale e ha poi compiuto il miracolo di tradurre neurotramesmettitori e segnali sinaptici in emozioni: innamoramento, desiderio, seduzione, appagamento, il miracolo di trasformare la chimica in vita vissuta, per dirla con Proust il tempo perduto è stato ritrovato. In due parole: io ho visto la crisalide trasformarsi in farfalla.

Oggi Alice è sposata, è una persona con la sua vita fatta di felicità e dolori, la malattia ha segnato per sempre il suo corpo ma è una donna nel senso più completo della parola, una donna alla quale va tutta la mia stima oltre che grande affetto.

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