La signora S. ed il gene mutato. La signora S. è una bella donna, la classica bellezza mediterranea con occhi scuri e intensi, pelle ambrata e lunghi capelli neri, rossetto rosso e vestiti provocanti pur non avendo un atteggiamento seduttivo, la scollatura profonda lascia intravedere un bel seno, frutto di numerosi interventi di chirurgia ricostruttiva. La signora S. aveva 36 anni e una figlia di 10 quando, a una mammografia di controllo – ricordiamo SEMPRE di farla con regolarità – ha scoperto di avere un nodulo sospetto al seno, poi la classica trafila: ecografia mammaria, ago aspirato, diagnosi di carcinoma, intervento di mastectomia, chemioterapia e radioterapia. Nel frattempo si è sottoposta al test genetico BRCA, test che evidenzia la predisposizione al tumore al seno e alle ovaie, è risultata positiva e, poco dopo la fine della radioterapia, si è sottoposta alla rimozione preventiva dell’altro seno, di utero e ovaie.
Fin qui i fatti medici, diagnosi e terapie, gli eventi che hanno occupato la vita di una persona, mente e corpo per più di un anno, che non descrivono però il significato che tale sconvolgimento ha assunto per questa donna. Separata da anni, al momento della diagnosi stava crescendo da sola la bambina, fisicamente le somiglia molto, lavorando come donna delle pulizie in un grande ufficio, un lavoro molto faticoso che richiedeva una notevole forza fisica e che per un intero anno ha dovuto interrompere. Una donna sola con la figlia e una diagnosi di tumore al seno, senza parenti, una persona passata da una vita normale a un’esistenza dominata da un enorme problema da risolvere, con la paura di lasciare prematuramente una figlia piccola.
Io l’ho conosciuta, dopo la rimozione delle ovaie, per la somministrazione della terapia antiormonale indicata in questi casi e ricordo perfettamente quel nostro primo incontro: avevo davanti una donna provata, con due cicatrici orizzontali al posto dei seni e che si stava appena riprendendo dall’intervento a utero e ovaie, improvvisamente precipitata in una menopausa chirurgica con tutti i fastidi del caso.
Ricordo che parlammo a lungo, soprattutto delle riflessioni che questi interventi le suscitavano. “Non sono più una donna, non ho più niente di femminile: niente seno, niente capelli, niente ciclo… mi sento terribilmente depressa e arrabbiata per questa prova, temo di non farcela e mia figlia, che accadrà a mia figlia?” Ricordo che quell’incontro mi turbò profondamente, di averle però detto che era sempre e comunque una donna, doveva solo dare tempo al tempo e la situazione sarebbe migliorata, i capelli sarebbero ricresciuti, al seno avrebbe potuto effettuare un intervento ricostruttivo, che non era più malata ma doveva considerarsi guarita. Cercai tutte le parole che potevo per sostenerla ma devo ammettere che la situazione era molto difficile: avevo davanti una persona stanca, preoccupata per la propria salute, una giovane donna deprivata di quelle che siamo abituati a considerare caratteristiche sessuali, colpita nella sua femminilità e nella sua vita. La bambina la seguiva alle visite, era estate e la scuola era chiusa, ricordo la sua compostezza e lo sguardo che rivolgeva alla mamma, nel vederla mi domandavo cosa pensasse, come vivesse le trasformazioni fisiche delle quali era inevitabile testimone, se avesse paura anche lei.
Una volta le chiesi cosa pensasse e mi rispose che era preoccupata per la mamma: questa risposta mi colpì al cuore, e sancì l’inizio della grande amicizia che ancora mi lega sia a lei che alla signora S. Ci mettemmo al lavoro: cercammo un chirurgo plastico che le ricostruì entrambi i seni – fece diversi interventi e ebbe numerose complicanze ma alla fine la ricostruzione fu portata a termine-, impostammo la terapia antiormonale, e piano piano S ricostruì non solo il seno ma la propria vita, nei mesi ho assistito alla rinascita di una bellissima donna, una Venere uscita dalle acque della malattia.
Sono passati 6 anni, S sta bene, ci incontriamo per i controlli periodici e, nel vedere questa bella donna allegra e sorridente dalla scollatura generosa, quasi non riesco a sovrapporre l’immagine del momento nel quale molto era ancora in salita, nel quale ha radunato forza e è andata avanti sulla strada che doveva percorrere, oggi è solo una bellissima donna dai lunghi capelli neri e dal fisico sinuoso, sua figlia è una bella adolescente per fortuna immune dalla mutazione genetica, solo un velo di tristezza che alle volte mi sembra di leggerle negli occhi mi fa ricordare il lungo tempo nel quale entrambe hanno faticato per riappropriarsi della vita, della spensieratezza che la malattia aveva sottratto loro.
Prima di chiudere la storia di questa madre e di questa figlia, una bella storia di un successo medico e umano, solo una raccomandazione alle amiche che mi leggono qui: fate con regolarità mammografia e ecografia mammaria, affidatevi a un bravo specialista che organizzi controlli periodici secondo le indicazioni adatte a ciascuna di voi, di tumore non si muore, oggi si può continuare a vivere grazie ai progressi che la medicina offre, sia come terapia che come prevenzione. Abbiamo tutte diritto alla nostra salute ma abbiamo anche il dovere di tutelarla .