Sally

Sally. Oggi ho visitato Sally, è giovane e forse non lo sa ma è Sally. È entrata con un tono dimesso, intimidita dal mio camice bianco, quasi scusandosi di essere lì.

Inizio a raccogliere l’anamnesi, le chiedo se ha figli. “Una figlia di 11 anni…”. 11 anni, quando lei ne ha 25. Ci guardiamo per un lungo momento, immagino la sua storia: una gravidanza imprevista a 14 anni, la sua vita che cambia radicalmente. “Mi piaceva studiare ma quando sono rimasta incinta ho smesso, ho iniziato a lavorare, mio padre non ha accettato la situazione, è stato sempre molto duro…” – (Sally è già stata punita/ per ogni sua distrazione o debolezza / per ogni candida carezza/ data per non sentire l’amarezza) – mentre la visito sento la canzona nella mente, penso a quanto alcuni versi siano universali, a quante Sally incontriamo nella nostra vita. “Il mio ragazzo è sparito dopo poco, ma non mi interessa, ho mia figlia, che è la mia più grande ricchezza” – (Forse la vita non è stata tutta persa/ forse qualcosa s’è salvato / forse davvero non è stato poi tutto sbagliato).

Le domando che lavoro faccia adesso, lei mi risponde che fa la cameriera in un pub, è fuori tutte le sere, la figlia è a casa da sola e spesso le fa trovare pronta la cena, si siedono e chiacchierano come due sorelle, si divertono molto insieme e insieme sono cresciute.

Guardo questa piccola grande donna, provo per lei una tenerezza mista a ammirazione, una forte empatia per una persona che ha vissuto con coraggio e determinazione ma ha mantenuto integra la sua dolcezza, e penso che era giusto così, forse ma forse ma sì.

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