Una bustina di Baci Perugina. Il signor I. ha novantacinque anni, occhiali spessi come fondi di bottiglia e piccoli occhi stupiti dietro le lenti, ha mani contorte da contadino e un rispetto verso i medici che appartiene a una generazione antica. Si occupa da anni della moglie costretta a letto: lui lava, stira, fa la spesa, cucina, va dal medico di base e poi in farmacia. Io lo seguo da molto tempo, dalla prima visita per un problema tiroideo.
Ricordo che aveva premura di finire “Ho mia moglie sola a casa, mi scusi ma ho molta fretta, devo andare…” Così ho saputo della malattia della moglie che accudiva da solo, della solitudine di non avere figli, della loro vita con la pensione minima, che è una cifra ridicola indegna di un paese civile.
Lo incontro ogni sei mesi: lui prende appuntamento, facciamo la visita e io regolarmente non lo faccio pagare, anche se lui insiste “Signor I., abbiamo solo guardato le analisi.” Lui ormai lo sa e mi porta sempre, non ha saltato una volta, una bustina di Baci Perugina “per i suoi bambini”, anche se ormai sono uomini, poi come al solito scappa via perché, novantacinquenne, deve fare le commissioni e le faccende, deve accudire la moglie.
L’ho visto anche oggi, gli occhi dolci dietro alle lenti spesse. La tenerezza che provo per alcuni pazienti, per la vita dura che fanno, con una pensione da fame e una dignità che forse io non avrò mai, dignità che è racchiusa in una bustina di Baci Perugina.