Una cartolina dal passato

Una cartolina dal passato

Una cartolina dal passato. “Anna verrà” di Pino Daniele è una splendida canzone che parla di Anna Magnani ma a me ricorda la signora A, una paziente che conosco da tanti anni e che è una donna di straordinaria forza.

Quando l’ho conosciuta aveva sui quarant’anni, una bellezza sfiorita ma che si poteva immaginare dietro al volto stanco, poco curato ma ancora attraente, i capelli scuri raccolti in una coda.

La signora A si era da anni separata dal marito e cresceva da sola tre figli all’epoca minorenni con lavori saltuari, per un periodo aveva fatto la cameriera, poi aveva fatto le pulizie nelle scale di un palazzo, la commessa, lavori faticosi e spesso in nero, insomma aveva sempre cercato di portare avanti la famiglia con dignità.

Un giorno casualmente si era palpata un nodulo al seno che a un controllo si è rivelato un nodulo maligno. Io l’ho conosciuta in quella fase, mentre era ricoverata dopo la mastectomia e prima che iniziasse la chemioterapia.

Nel nostro lavoro è molto importante conoscere sé stessi, sapere quali sono i nostri punti deboli, quali malattie evocano in noi vissuti che dobbiamo conoscere perché l’incontro con quella patologia non ci travolga, nel mio caso il tumore al seno a me evocava una storia familiare che mi ha portato a sentire la signora A molto vicina.

Ricordo questa donna magra, ancora sofferente per l’intervento, preoccupata per i figli che erano rimasti a casa con i suoi genitori, molto anziani e gravati di una responsabilità enorme. “Dovrò fa’ la chemioterapia ma devo continua’ a lavorare… pensa che starò abbastanza bene per farlo?” mi ha detto al nostro primo colloquio.

Ricordo che io cercai di rassicurarla e ciò che mi colpì in lei era lo sguardo, forte e determinato, come dice la canzone con il suo modo di guardarci dentro, uno sguardo capace di vedere cose che altri non vedono e al tempo stesso ricco di forza e personalità.

Così iniziò la terapia, era autunno e per tutto l’inverno ci sentimmo per telefono, ci incontrammo per alcune visite di controllo e mentre il suo corpo mostrava i segni della malattia e della terapia, il suo sguardo rimase forte e orgoglioso, dolce e sofferente allo stesso tempo, due occhi scuri di una bellezza tale da essere indimenticabili.

Verso primavera ricordo che la vidi molto turbata, “mio figlio grande vo’ lascia’ la scuola, dice che a sedici anni vo’ anda’ a lavora’ pe’ damme na mano…” disse mentre piangeva. “Dottore’ no, questo nun glielo permetto, lui deve da studia’, è bravissimo a scuola e deve continua’…”. Così, con un cipiglio ancora più potente negli occhi, convinse suo figlio a non lasciare gli studi e continuò a provvedere al suo mantenimento e anche a quello degli altri due figli, lavorando a fasi alterne e cercando di tirare avanti al meglio.

Ricordo che durante l’estate lavorarono tutti in modo stagionale per pagare l’affitto arretrato, poi piano piano la situazione tornò alla normalità.

Sono passati tanti anni, la signora A sta bene e ieri ho ricevuto una sua cartolina. Era stata al mare, in Liguria, ospite di suo figlio che oggi è un ingegnere, l’aveva invitata in vacanza con la famiglia che si è costruito, vive a Milano ma è sempre in contatto con la madre, ormai nonna.

Mi ha scritto “La vacanza che mi ha offerto mio figlio” sapendo che avrei capito che quella vacanza è il segno dell’amore di suo figlio per lei ma anche il segno tangibile del suo benessere, del successo professionale del figlio e anche il frutto della sua determinazione a non permettere che la malattia cambiasse il corso della loro vita, che desiderava migliore della propria.

Una cartolina che racchiude in una foto di mare il senso di una vita coraggiosa che oggi può finalmente permettersi una vacanza e che mi commuove, mentre ripenso ai suoi occhi scuri.

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