Uno strano caso di Ipotiroidismo. Oggi ho visitato una signora che seguo da molto tempo per una grave forma di ipotiroidismo, quando l’ho conosciuta la tiroide era talmente rimpiccolita da essere quasi inesistente e priva di ogni funzionalità, come abbiamo scoperto dopo i primi accertamenti. Ci sono immagini di pazienti che rimangono particolarmente impresse e così è accaduto in questo caso.
Entrò nel mio studio portata a braccia da due ragazzi: molto sovrappeso, un diffuso gonfiore soprattutto sul viso e sulle palpebre che erano quasi chiuse, colorito cereo e un estremo rallentamento sia motorio che nell’eloquio, una persona priva di forze. “Signora mi racconti, come si sente?” le ho chiesto. “Mi sento molto stanca, stanchissima” mi ha risposto con voce bassa e roca, scandendo le parole con fatica e lentezza. “Mi sembra di essere entrata in letargo…”.
Io credo che noi medici possiamo studiare, leggere, andare a lezione ma il vero libro dal quale impariamo questo che è un mestiere ma è al tempo stesso è un’arte – nel senso che è un lavoro artigianale da fare con la mente ma anche con le mani che toccano il paziente e ne personalizzano la patologia e la terapia, un’arte dove molto si impara sul campo- il vero libro siano le singole persone nelle quali riconosciamo una malattia che si incarna.
La donna in letargo aveva descritto con una manciata di parole la condizione di ipotiroidismo, stato per il quale sono stati pubblicati centinaia di articoli e svolti decine di convegni, e che tanta parte ha nel nostro lavoro di endocrinologi.
Gli ormoni tiroidei sono il motorino di avviamento di molte delle funzioni del nostro corpo e, senza di essi, ogni organo a seconda delle sue specifiche caratteristiche, subisce un rallentamento. Il cuore batte più lentamente, la termoregolazione si tara su una temperatura più bassa, il metabolismo rallenta così come i riflessi muscolari, la pressione arteriosa si riduce e soprattutto il cervello anzi meglio la mente, nel senso della attività cognitiva e velocità di ideazione, perde di brillantezza e lucidità, ci può essere un tono dell’umore depresso fino a uno stato di sonnolenza continua e addirittura a un possibile coma ipotiroideo.
“Signora ha mai fatto il dosaggio degli ormoni tiroidei?” Le ho chiesto “Si…anni fa… erano un po’ bassi…ma non mi interessa..” mentre attraverso la fessura degli occhi intravedevo appena il suo sguardo. “Come non le interessa, non capisco” e lei “Sono sola al mondo. Avevo due figli… uno è morto in un incidente, l’altra era disabile…l’ho accudita per tanto tempo, era la mia ragione di vita, è morta anche lei due anni fa…ho sentito le forze abbandonarmi piano piano, la stanchezza aumentare e anche il sonno, questo stordimento mi ha avvolto e ora io mi ci sono rifugiata.”
La donna in letargo mi stava dicendo che si era abbandonata a una malattia che la rendeva ogni giorno più debole e disconnessa dal mondo, la malattia era diventata una coltre sotto la quale riposare e lentamente abbandonare la vita. Una condizione che si poteva risolvere completamente con la somministrazione di ormoni identici a quelli umani, sempre che la signora fosse stata d’accordo nel fare la terapia.
Ricordo che parlammo a lungo, io le spiegai la situazione e lasciai a lei la scelta: non fare nulla e andare incontro alla morte in un limbo di opacità o effettuare la terapia e risvegliarsi tornando alla vita. Io ero combattuta tra il volerle dare la terapia che con estrema semplicità l’avrebbe guarita e il rispettare la volontà di una persona che tanto aveva sofferto e che era stanca di un’esistenza priva di affetti, nella mia convinzione profonda che l’unica vera proprietà che abbiamo sia il nostro corpo e che i medici debbano rispettarlo. ”Io non posso e non voglio forzarla, la decisione di seguirmi o meno nella terapia sarà solo sua” le dissi.
Parlammo per più di un’ora, mi raccontò dei figli, del vuoto creato dalla loro scomparsa, delle giornate dedicate alla figlia nata con un grave handicap, della donna allegra che era stata da ragazza prima che la vita le franasse addosso con i dolori e la tristezza.
In pratica avevo davanti una persona che stava decidendo di mettere fine alla propria vita con uno stillicidio quotidiano, un letargo dal quale tra poco non ci sarebbe stato ritorno. Io ricordo di non avere parlato molto, ero molto turbata, ricordo di averla ascoltata e di averle detto che avrei comunque rispettato la sua scelta, senza parlare con altre persone all’infuori di lei.
Alla fine mi guardato attraverso le palpebre gonfie, credo che abbia apprezzato la mia scelta di non aggredirla e di aspettare con calma la sua decisione. “Prenderò la terapia, proverò a vedere come mi sento, voglio almeno provare.”
Le ho prescritto il farmaco e quando è tornata dopo un mese era una persona irriconoscibile: aveva perso 10 chili, camminava da sola, il viso era sgonfio e gli occhi non più socchiusi dall’edema, soprattutto era sveglia e vigile.
Questo è ciò che amo dell’endocrinologia, che può restituire le persone alla vita con una terapia molto semplice, un miracolo del quale continuo a stupirmi. Abbiamo parlato ancora, mi ha raccontato che era andata a vivere da lontani parenti, che le cose andavano molto meglio. “Però la tristezza è sempre dentro di me, quel vuoto è sempre lì, solo il mio corpo si è risvegliato.” riferendosi a un dolore che purtroppo nessun medico potrà mai guarirle. Anche oggi abbiamo controllato la terapia, abbiamo ripercorso il suo passato e mi ha detto della sua vita attuale.
Mentre la guardavo, pensavo a quanto coraggio ha avuto questa donna a uscire dal letargo, a scegliere di non addormentarsi per sempre, a quanto io ammiri questa persona forte che ha deciso di vivere nonostante tutto e per la quale io sono stata solo un piccolo tramite per tornare al mondo.